MIMIT: misura STEP per sostegno a ricerca e sviluppo nel sud Italia

Il Ministero delle imprese e del made in Italy, con provvedimento direttoriale, ha definito i termini di apertura e le modalità di presentazione delle domande riguardanti la misura STEP PN RIC 2021-27 (Ministero delle Imprese e del made in Italy, comunicato 14 aprile 2025).

La misura STEP (STEP PN RIC 2021-27), rappresenta un’importante iniziativa volta a promuovere progetti di ricerca e sviluppo nelle regioni del Sud Italia, specificamente Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia e Sardegna.

Questa misura si inserisce nel contesto del Programma Nazionale Ricerca, Innovazione e Competitività 2021-27 e si allinea con le priorità delineate dal regolamento europeo STEP.

 

L’apertura dello sportello online, gestito da Mediocredito Centrale S.p.A., è prevista per il 14 maggio 2025, mentre dal 30 aprile sarà possibile per i soggetti interessati precompilare le domande di agevolazione tramite la piattaforma dedicata.

 

La dotazione finanziaria complessiva di 400 milioni di euro sottolinea l’importanza strategica di questa iniziativa, che mira a stimolare la competitività delle imprese locali attraverso investimenti significativi in ricerca e sviluppo.

 

Potranno beneficiare delle agevolazioni le aziende di qualsiasi dimensione con almeno due bilanci approvati al momento della presentazione della domanda, operanti nei settori industriali, agroindustriali, artigiani, nonché i centri e gli organismi di ricerca. I progetti con spese e costi ammissibili compresi tra 1 e 5 milioni di euro dovranno essere presentati in forma collaborativa da più soggetti d’impresa. Per i progetti compresi tra 5 e 20 milioni di euro, è invece ammessa anche la partecipazione di imprese di grandi dimensioni nella veste di singolo soggetto proponente.

 

Le modalità di concessione degli incentivi prevedono finanziamenti agevolati e contributi diretti alla spesa, differenziati in base alla dimensione dell’impresa. Le piccole imprese possono beneficiare di un incentivo del 35%, le medie del 30% e le grandi del 25%.

Inoltre, gli organismi di ricerca potranno beneficiare di un contributo diretto alla spesa pari al 60% dei costi e delle spese ammissibili per attività di ricerca industriale e pari al 40% per attività di sviluppo sperimentale.

Italia-Spagna: trattamento fiscale noleggio attrezzature commerciali

Con risposta n. 117/2025 le Entrate si occupano di chiarire il trattamento fiscale dei pagamenti effettuati da una società cooperativa italiana a una società di logistica spagnola per il noleggio di attrezzature commerciali.

L’oggetto del contratto è il noleggio di casse e pallet in plastica per il trasporto di frutta. 
Il dubbio interpretativo della cooperativa italiana riguarda se i compensi corrisposti rientrino nell’articolo 7 della Convenzione contro le doppie imposizioni tra Italia-Spagna dell’8 settembre 1977, con conseguente tassazione esclusiva in Spagna, o nell’articolo 12, che prevede l’applicazione di una ritenuta in Italia con un’aliquota massima dell’8% per i corrispettivi relativi alla concessione in uso di attrezzature commerciali.

 

L’Agenzia delle entrate chiarisce che la normativa italiana prevede una ritenuta d’imposta del 30% sui compensi corrisposti a non residenti per l’uso o la concessione in uso di attrezzature industriali, commerciali o scientifiche situate nel territorio dello Stato. Tali compensi rientrano nell’ambito dei redditi diversi, contemplati nell’articolo 67, comma 1, lettera h), del TUIR, che include i redditi derivanti dall’affitto, locazione, noleggio o concessione in uso di beni mobili.

Affinché il canone di noleggio pagato a soggetti non residenti sia soggetto a imposizione in Italia, i beni noleggiati devono trovarsi nel territorio italiano, come previsto anche dall’articolo 23, comma 1, lettera f) del TUIR.
Sul piano convenzionale, i corrispettivi per la concessione in uso di beni mobili rientrano nell’articolo 12 del Trattato, che al paragrafo 3 definisce i “canoni” come i compensi di qualsiasi natura corrisposti per l’uso o la concessione in uso di attrezzature industriali, commerciali o scientifiche. Tale articolo stabilisce che i canoni corrisposti da un residente di uno Stato a un residente dell’altro Stato sono tassati in quest’ultimo Stato. Tuttavia, lo Stato del pagatore può tassare i canoni a monte, rispettando i limiti previsti, con un’aliquota massima dell’8% dell’ammontare lordo dei canoni.

 

Nel caso di specie, trattandosi di corrispettivi per la concessione in uso di attrezzature commerciali, rientrano nella definizione di “canoni” sia per la normativa interna (articoli 25 del D.P.R. n. 600/1973 e 67, comma 1, lettera h) del TUIR) sia a livello convenzionale (articolo 12 della Convenzione).

Nell specifico, la cooperativa corrisponde i canoni per la locazione delle casse e dei pallet che riempie in Italia con prodotti destinati alla spedizione in Spagna. Pertanto, risulta integrato il requisito di territorialità in Italia. Tuttavia, in presenza dei presupposti di applicazione del Trattato internazionale, la ritenuta può essere effettuata con l’aliquota ridotta dell’8% prevista dall’articolo 12, paragrafo 2, lettera b) della Convenzione. 

Modalità operative per attestazione requisiti e garanzia dei rappresentanti fiscali

L’Agenzia delle entrate ha definito le modalità operative per l’attestazione dei requisiti soggettivi e la prestazione della garanzia ai fini dell’assunzione del ruolo di rappresentante fiscale (Agenzia delle entrate, provvedimento 17 apile 2025, n. 186368).

I soggetti che intendono assumere o che già operano come rappresentanti fiscali sono tenuti a presentare un’apposita dichiarazione che attesti il possesso di specifici requisiti e, in base al numero dei soggetti rappresentati, a prestare un’idonea garanzia.

La dichiarazione, resa ai sensi degli articoli 46 e 47 del D.P.R. n. 445/2000, attesta di:

  • non aver riportato condanne, anche non definitive, o sentenze emesse ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale per reati finanziari;
  • non aver procedimenti penali pendenti nella fase del giudizio per reati finanziari;
  • non aver commesso violazioni gravi e ripetute, per loro natura ed entità, alle disposizioni in materia contributiva e tributaria;
  • non trovarsi in una delle condizioni previste dall’articolo 15, comma 1, della legge 19 marzo 1990, n. 55, come sostituito dall’articolo 1 della legge 18 gennaio 1992, n. 16.

La dichiarazione deve essere presentata contestualmente alla presentazione del modello di dichiarazione di inizio attività o variazione dati ai fini IVA con il quale vengono comunicati i dati identificativi del rappresentante fiscale, presso la Direzione Provinciale dell’Agenzia delle entrate competente in ragione del domicilio fiscale del rappresentante fiscale.
Nel caso di rappresentante fiscale diverso da persona fisica, la dichiarazione deve essere resa da tutti i legali rappresentanti, persone fisiche, dallo stesso indicati nel modello di dichiarazione IVA. In caso di sostituzione o nuova nomina di uno o più legali rappresentanti, invece, la dichiarazione deve essere resa dagli stessi contestualmente alla presentazione della dichiarazione IVA.

In mancanza di presentazione della dichiarazione, la partita IVA del rappresentato viene cessata d’ufficio.

I soggetti obbligati devono prestare un’idonea garanzia contestualmente alla presentazione della dichiarazione IVA con cui vengono comunicati i dati del rappresentante fiscale, prestata sotto forma di:
– cauzione in titoli di Stato o garantiti dallo Stato;
– polizza fideiussoria;
– fideiussione bancaria rilasciate ai sensi della legge 10 giugno 1982, n. 348.

 

Il valore massimale minimo della garanzia varia in base al numero dei soggetti rappresentati:

  • 30.000 euro per 2-9 soggetti;
  • 100.000 euro per 10-50 soggetti;
  • 300.000 euro per 51-100 soggetti;
  • 1.000.000 euro per 101-1000 soggetti;
  • 2.000.000 euro per più di 1000 soggetti.

I soggetti che intendono assumere la rappresentanza di un solo soggetto non sono tenuti a prestare la garanzia, ma devono comunque presentare la dichiarazione dei requisiti. In caso di aumento del numero dei soggetti rappresentati che comporti il passaggio a una fascia superiore, il rappresentante fiscale deve prestare una nuova garanzia con il nuovo valore massimale minimo.
La garanzia deve essere prestata per un periodo non inferiore a 48 mesi dalla data di consegna alla Direzione Provinciale competente.

Dalla data della comunicazione di esito positivo sulla garanzia, e ferma restando la presentazione della dichiarazione dei requisiti, il soggetto è abilitato ad operare come rappresentante fiscale per il numero di soggetti corrispondente alla fascia della garanzia prestata.

I soggetti che invece già operano come rappresentanti fiscali, entro sessanta giorni dalla pubblicazione del provvedimento, devono presentare la dichiarazione dei requisiti soggettivi e, se richiesto in base al numero di rappresentati, prestare la garanzia.
In caso di inadempimento entro il termine, l’Agenzia delle entrate comunica al rappresentante fiscale l’avvio della procedura di cessazione d’ufficio delle partite IVA dei soggetti rappresentati tramite PEC o raccomandata A/R. A partire dalla ricezione di tale comunicazione, decorre un ulteriore termine di 60 giorni entro il quale il rappresentante fiscale ha la possibilità di presentare la dichiarazione e prestare la garanzia per mantenere il proprio ruolo. Alla scadenza di questo ulteriore termine, in assenza della documentazione richiesta, viene effettuata la cessazione d’ufficio delle partite IVA dei soggetti rappresentati.

Imposta successioni e donazioni: autoliquidazione, semplificazione, coacervo e sanzioni

L’Agenzia delle entrate fornisce istruzioni operative agli uffici in merito alle principali novità in materia di imposta sulle successioni e donazioni introdotte da diversi decreti legislativi e leggi, in particolare: ilD.Lgs. n. 139/2024, la legge n. 104/2024 e il D.Lgs. n. 87/2024 (Agenzia delle entrate, circolare 16 aprile 2025, n. 3/E).

Le novità introdotte derivano dalla delega al Governo contenuta nell’articolo 10 della Legge n. 111/2023, finalizzata a una razionalizzazione della disciplina, tra cui l’imposta sulle successioni e donazioni.

Nello specifico il decreto delegato ha modificato l’articolo 1 del Testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni (TUS), relativamente all’oggetto dell’imposta che ora comprende, oltre ai trasferimenti per successione a causa di morte o per donazione, anche i trasferimenti di beni e diritti «a titolo gratuito» e quelli «derivanti da trust e da altri vincoli di destinazione». L’imposta non si applica alle liberalità d’uso di cui all’articolo 770, comma 2, del Codice civile, alle spese non soggette a collazione (articolo 742 del Codice civile) e alle donazioni di modico valore (articolo 783 del Codice civile).

Per quanto riguarda l’ufficio competente per l’applicazione dell’imposta di successione, è ora competente l’ufficio dell’Agenzia delle entrate nella cui circoscrizione era l’ultima residenza del defunto. Se il defunto era residente all’estero, è competente l’ufficio dell’Agenzia delle entrate nella cui circoscrizione era stata fissata l’ultima residenza in Italia. Se l’ultima residenza non è nota, è competente l’ufficio dell’Agenzia delle entrate di Roma.

Resta ferma la competenza per l’imposta sulle donazioni, determinata secondo le disposizioni relative all’imposta di registro .

 

Una delle maggiori novità è l’introduzione del principio di autoliquidazione per l’imposta sulle successioni.

Secondo la nuova formulazione dell’articolo 27, comma 2, del TUS, l’imposta «è liquidata dai soggetti obbligati al pagamento in base alla dichiarazione di successione, a norma dell’articolo 33, ed è nuovamente autoliquidata, a norma dello stesso articolo, in caso di successiva presentazione di dichiarazione sostitutiva o integrativa di cui all’articolo 28, comma 6».
Lo stesso articolo 27, definisce:

  • imposta principale sia quella autoliquidata dai soggetti obbligati, sia quella liquidata dall’ufficio a seguito del controllo della regolarità dell’autoliquidazione;
  • imposta complementare la maggiore imposta liquidata dall’ufficio in base ad accertamenti.

La definizione di “imposta suppletiva” è stata eliminata.
I soggetti obbligati devono autoliquidare l’imposta applicando gli stessi criteri utilizzati dagli uffici precedentemente.

L’Agenzia delle entrate ha istituito il codice tributo “1539” per il versamento dell’imposta autoliquidata tramite modello F24.

Qualora l’ufficio rilevi una maggiore imposta principale dovuta, notifica un avviso di liquidazione entro due anni dalla presentazione della dichiarazione di successione, invitando il contribuente al pagamento della maggiore imposta, della sanzione amministrativa (ridotta a un terzo se il pagamento avviene entro 60 giorni) e degli interessi. Il pagamento dell’imposta autoliquidata deve avvenire entro 90 giorni dal termine di presentazione della dichiarazione di successione. È possibile richiedere la dilazione del pagamento in rate trimestrali (in un numero di otto rate trimestrali ovvero, per importi superiori a 20.000 euro, in un numero massimo di dodici rate trimestrali), a condizione che sia versato almeno il 20% entro il termine previsto e l’importo non sia inferiore a 1.000 euro. In caso di presenza di beni immobili e diritti reali, devono essere liquidate e versate anche le imposte ipotecaria e catastale, di bollo e le tasse per i servizi ipotecari e catastali. Il codice tributo per queste tasse è stato ridenominato “1532”.

 

L’articolo 48 del TUS è stato integrato con un nuovo comma 4-bis che introduce una deroga al precedente comma 4. Le banche e gli altri intermediari finanziari devono consentire lo svincolo delle attività cadute in successione, anche prima della presentazione della dichiarazione, quando a richiederlo sia l’unico erede di età non superiore a ventisei anni. Questo vale anche in presenza di altri chiamati all’eredità che abbiano rinunciato. Il requisito anagrafico si considera soddisfatto se il richiedente non ha ancora compiuto 26 anni o li ha compiuti il giorno della richiesta. Questa possibilità è consentita se l’asse ereditario comprende beni immobili, e nei limiti delle somme necessarie al pagamento delle imposte catastali, ipotecarie e di bollo. Lo svincolo è ammesso solo per queste specifiche imposte, non estendendosi all’imposta di successione o ad altri tributi.

 

Il nuovo articolo 7 del TUS riporta le aliquote e le franchigie dell’imposta sulle successioni di cui all’articolo 2, comma 48, del D.L. n. 262/2006.
Analogamente, l’articolo 56 del TUS riporta le stesse aliquote e franchigie per l’imposta di donazione, originariamente stabilite dall’articolo 2, comma 49, del D.L. n. 262/2006.

 

L’articolo 28 del TUS è stato modificato, prevedendo che la dichiarazione di successione sia presentata telematicamente secondo modalità stabilite dall’Agenzia delle entrate. I soggetti non residenti possono ancora spedire la dichiarazione mediante raccomandata (o mezzo equivalente), con la data di spedizione coincidente con quella di presentazione.
Tra i soggetti obbligati alla presentazione rientrano espressamente anche i trustee, in caso di trust testamentario, con il termine di dodici mesi decorrente dalla data in cui hanno avuto notizia legale della nomina. La dichiarazione deve essere redatta, a pena di nullità, su apposito modello approvato dal Direttore dell’Agenzia delle entrate e sottoscritta da almeno uno degli obbligati o da un suo rappresentante.

 

Il decreto delegato modifica, inoltre, la disciplina stabilita dall’articolo 22, comma 2, del TUS in materia di deducibilità dei debiti contratti dal defunto negli ultimi sei mesi. Tali debiti sono deducibili se gli importi sono stati impiegati per:

  • l’acquisto di beni soggetti a imposta indicati nella dichiarazione o di beni distrutti/perduti per causa non imputabile al defunto;

  • l’estinzione di debiti tributari e debiti risultanti da atti con data certa anteriore di almeno sei mesi;

  • spese di mantenimento e spese mediche/chirurgiche sostenute dal defunto per sé e per i familiari a carico, con limiti mensili specifici (€ 516 per il defunto e € 258 per ogni familiare a carico, computando solo i mesi interi).

Queste disposizioni non si applicano ai debiti contratti, operazioni fatte e assegni emessi nell’esercizio di imprese o professioni. Il debito e le spese devono essere comprovati da idonea documentazione.

 

L’articolo 56-bis del TUS è stato modificato riguardo all’accertamento delle liberalità indirette. L’accertamento delle liberalità diverse dalle donazioni può essere effettuato esclusivamente quando l’esistenza delle stesse risulti da dichiarazioni rese dall’interessato nell’ambito di procedimenti diretti all’accertamento di tributi. A queste liberalità si applica l’aliquota dell’8% per la parte eccedente l’eventuale franchigia di cui all’articolo 56 del TUS. La registrazione delle liberalità indirette può avvenire anche volontariamente, applicando in tal caso le aliquote e le franchigie previste dall’articolo 56 del TUS.

 

La novella normativa interviene anche sull’articolo 57, comma 1, del TUS, prevedendo che, ai soli fini delle franchigie di cui all’articolo 56, il valore attualizzato delle donazioni anteriormente effettuate dal donante al donatario sia sommato idealmente al valore delle quote spettanti o dei beni e diritti oggetto della donazione. Dal coacervo donativo vanno escluse le donazioni effettuate tra il 25 ottobre 2001 e il 28 novembre 2006.

L’articolo 8, comma 4, del TUS (coacervo successorio) è stato espressamente abrogato.

 

L’Agenzia ricorda che la nuova «Tabella delle tasse per i servizi ipotecari e catastali» allegata al TUIC è efficace dal 1° gennaio 2025 per tutte le richieste di servizi presentate da tale data.

 

L’articolo 7 della legge n. 104/2024 ha introdotto il comma 5-bis nell’articolo 36 del TUS, prevedendo un esonero dal regime di solidarietà passiva per il pagamento dell’imposta sulle successioni e donazioni, nonché delle imposte ipotecaria e catastale, per i beneficiari di trasferimenti non soggetti a tali imposte ai sensi dell’articolo 3 del TUS e dell’articolo 82, comma 2, del codice del Terzo settore. Tale esonero si applica a decorrere dal periodo d’imposta successivo all’autorizzazione della Commissione europea per il regime fiscale del Terzo settore.

 

Infine, l’articolo 4, comma 2, del D.Lgs. n. 87/2024 ha modificato l’ammontare delle sanzioni per violazioni delle norme sulle imposte di successione e donazione commesse a partire dal 1° settembre 2024.

Innovazioni nella gestione delle volture catastali: servizio online e digitalizzazione dei registri

L’Agenzia delle entrate informa sulle recenti innovazioni riguardo alla gestione delle volture catastali, evidenziando l’implementazione di un nuovo servizio online denominato “Voltura catastale web” (Agenzia delle entrate, comunicato 15 aprile 2025).

La voltura catastale è il principale strumento con il quale devono essere aggiornati i soggetti iscritti in Catasto, specialmente in situazioni come le successioni ereditarie, dove è necessario comunicare il cambio di intestazione dei diritti reali su un immobile. Con la “domanda di volture”, infatti, il contribuente comunica all’Agenzia che il titolare di un determinato diritto reale su un bene immobile non è più la stessa persona, ma un’altra.

 

L’iniziativa, dunque, si inserisce in un contesto di semplificazione burocratica, mirata a facilitare l’accesso dei cittadini e dei loro delegati alle procedure di aggiornamento dei dati catastali relativi ai titolari di beni immobili.

 

Il nuovo servizio online consente agli utenti di presentare la domanda di voltura e di effettuare il pagamento delle somme dovute direttamente tramite pc, utilizzando credenziali digitali come SPID, CIE, CNS o Entratel/Fisconline. Questo sistema non solo semplifica la procedura, ma offre anche un’interfaccia guidata per la compilazione della dichiarazione, garantendo la ricezione e l’accettazione dei documenti inviati.

 

Il servizio “Voltura catastale web” sostituirà gradualmente il precedente software “Voltura 2.0 – Telematica”, che continuerà a essere disponibile fino alla data di dismissione, che sarà comunicata successivamente.

 

Un ulteriore sviluppo è rappresentato dal nuovo servizio gratuito “Consultazione registro partite catastali”, attivo dallo scorso 9 aprile e anch’esso disponibile in area riservata sul sito delle Entrate. La nuova funzionalità consente di consultare i “registri di partita”, ovvero gli schedari cartacei con i nomi degli intestatari (ditte catastali) contrassegnati da un numero (numero di partita). Nel corso degli anni questi registri sono stati microfilmati e successivamente trasferiti su immagini digitali, che oggi vengono rese consultabili online grazie al nuovo servizio, senza la necessità di recarsi fisicamente presso gli uffici dell’Agenzia. Benché questi registri cartacei non siano più aggiornati, poiché superati dalle attuali modalità di archiviazione dei dati catastali, la consultazione delle informazioni in essi contenute risulta particolarmente utile in caso di ricerche a ritroso nel tempo.

Modalità operative per la garanzia IVA per soggetti non residenti in UE

L’Agenzia delle entrate ha definito le modalità operative per la prestazione della garanzia ai sensi dell’articolo 35, comma 7-quater, del D.P.R. n. 633/1972 (Agenzia delle entrate, provvedimento 14 aprile 2025, n. 178713).

Tale garanzia è richiesta ai soggetti non residenti in uno Stato membro dell’Unione europea o in uno degli Stati aderenti allo Spazio economico europeo che intendono effettuare operazioni intracomunitarie e adempiono gli obblighi in materia di imposta sul valore aggiunto sul territorio nazionale avvalendosi di un rappresentante fiscale nominato ai sensi dell’articolo 17, terzo comma, del medesimo decreto.

I soggetti non residenti nei paesi UE/SEE che utilizzano un rappresentante fiscale per adempiere agli obblighi IVA in Italia sono tenuti a prestare idonea garanzia per essere inclusi o rimanere nella banca dati VIES.

I soggetti già titolari di partita IVA devono prestare la garanzia preventivamente alla richiesta di inclusione nel VIES, mentre quelli non ancora in possesso di partita IVA devono prestare la garanzia contestualmente alla presentazione della dichiarazione di inizio attività con la richiesta di inclusione nel VIES.

 

La garanzia può essere prestata sotto forma di cauzione in titoli di Stato o garantiti dallo Stato o sotto forma di polizza fideiussoria ovvero di fideiussione bancaria, per un valore massimale minimo di 50 mila euro.

 

La garanzia deve essere prestata a favore del Direttore pro tempore della Direzione Provinciale dell’Agenzia delle entrate competente in ragione del domicilio fiscale del rappresentante fiscale e consegnata, personalmente o tramite il rappresentante fiscale, alla medesima Direzione Provinciale.

 

La garanzia sotto forma di cauzione in titoli di Stato o garantiti dallo Stato deve contenere specifiche informazioni, tra cui dati identificativi del richiedente e del depositario, la Direzione Provinciale beneficiaria, la delimitazione, durata e importo della garanzia, la composizione del deposito, le obbligazioni delle parti, la forma delle comunicazioni e il foro competente.

La polizza fideiussoria o fideiussione bancaria deve contenere informazioni quali dati identificativi del richiedente e del fideiussore, la Direzione Provinciale beneficiaria, la delimitazione, durata e importo, l’inadempimento e le obbligazioni delle parti, la rinuncia alla preventiva escussione e surrogazione, la forma delle comunicazioni e il foro competente.

 

La garanzia deve avere una durata non inferiore a 36 mesi dalla data di consegna alla Direzione Provinciale competente. Solo dalla data della comunicazione positiva è possibile richiedere l’inclusione nel VIES.

I soggetti già inclusi nella banca dati VIES alla data di pubblicazione del provvedimento in argomento, devono invece prestare la garanzia entro 60 giorni dalla medesima data. In caso di mancata prestazione della garanzia entro tale termine, l’Agenzia comunica al rappresentante fiscale l’avvio della procedura di esclusione dal VIES del soggetto rappresentato.

Risarcimento del danno e disciplina CFC

Il principio di diritto n. 4/2025 dell’Agenzia delle entrate si concentra sulla rilevanza di un risarcimento del danno ai fini dell’applicazione della disciplina relativa alle Controlled Foreign Companies (CFC).

La normativa in materia di CFC è regolata dall’articolo 167 del TUIR, il quale è stato modificato dall’articolo 4 del decreto legislativo n. 142/2018 (che ha recepito la Direttiva (UE) 2016/1164, nota come ATAD) e, più recentemente, dall’articolo 3 del decreto legislativo n. 209/2023 (Decreto fiscalità internazionale).
La finalità principale della normativa CFC è quella di prevenire che soggetti residenti in Italia, con società controllate situate in Paesi a fiscalità privilegiata, possano attuare pratiche di pianificazione fiscale aggressiva trasferendo ingenti utili dalla società controllante (soggetta ad alta fiscalità) alle società controllate (soggette a tassazione ridotta).

A tal fine, la disciplina CFC prevede un meccanismo di imputazione per trasparenza al soggetto residente in Italia dei redditi conseguiti dal soggetto controllato non residente, anche in assenza di un’effettiva distribuzione di utili, qualora quest’ultimo sia assoggettato a tassazione privilegiata.

 

Come evidenziato nella circolare dell’Agenzia n. 18/E/2021, i regimi CFC, inizialmente concepiti con una finalità anti-differimento dell’imposizione (”anti­deferral”), hanno assunto una connotazione più marcatamente “antiabuso”. 

 

L’operatività della normativa CFC, ai sensi dell’articolo 167 del TUIR, è subordinata al verificarsi congiunto di tre condizioni:

  • controllo, di diritto o economico, dell’entità estera, da parte di un soggetto residente in Italia;
  • assoggettamento dell’entità estera controllata ad un livello di tassazione effettiva non congruo;
  • realizzazione, da parte dell’entità estera controllata, di proventi rientranti nelle categorie di passive income menzionate nella stessa disposizione, per oltre un terzo dei proventi complessivi.

In merito all’ultima condizione, l’Agenzia ritiene che il risarcimento del danno, conseguito sulla base di un accordo transattivo a seguito dell’interruzione di un’attività economica effettiva imputabile alla controparte, non possa essere ascritto ai passive income di cui al citato articolo 167, comma 4, lettera b), del TUIR.

 

L’articolo 167 elenca specificamente le categorie di proventi che costituiscono passive income ai fini CFC:

1) interessi o qualsiasi altro reddito generato da attivi finanziari;
2) canoni o qualsiasi altro reddito generato da proprietà intellettuale;
3) dividendi e redditi derivanti dalla cessione di partecipazioni;
4) redditi da leasing finanziario;
5) redditi da attività assicurativa, bancaria e altre attività finanziarie;
6) proventi derivanti da operazioni di compravendita di beni con valore economico aggiunto scarso o nullo, effettuate con soggetti che, direttamente o indirettamente, controllano il soggetto controllato non residente, ne sono controllati o sono controllati dallo stesso soggetto che controlla il soggetto non residente;
7) proventi derivanti da prestazioni di servizi, con valore economico aggiunto scarso o nullo, effettuate a favore di soggetti che, direttamente o indirettamente,
controllano il soggetto controllato non residente, ne sono controllati o sono controllati dallo stesso soggetto che controlla il soggetto non residente.

In particolare, l’Agenzia osserva che un risarcimento volto a ristorare il pregiudizio conseguente alla preclusa possibilità di esercitare l’attività imprenditoriale per cui la controllata estera era stata costituita e per il sostenimento inutile di rilevanti spese finalizzate all’avviamento dell’attività, non risulta riconducibile ad alcuna delle singole tipologie di proventi individuate dalla Direttiva ATAD e recepite nell’ordinamento italiano dall’articolo 167, comma 4, lettera b), del TUIR.

Di conseguenza, non si ravvisano i presupposti applicativi della disciplina CFC, anche con riferimento alla condizione del conseguimento, per oltre un terzo dei proventi complessivi, di passive income elencati dall’articolo 167, comma 4, lettera b) del TUIR.

Imposta sostitutiva per frontalieri: il codice tributo

Istituito nuovo codice tributo per il versamento dell’imposta sostitutiva dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e delle addizionali regionali e comunali, sui redditi da lavoro dipendente percepiti in Svizzera dai lavoratori frontalieri, da versare tramite modello F24 (Agenzia delle entrate, risoluzione 10 aprile 2025, n. 27/E).

L’articolo 6 del D.L. n. 113/2024 ha introdotto significative novità per i lavoratori dipendenti residenti in specifici comuni italiani e frontalieri che percepiscono redditi in Svizzera. A partire dal periodo d’imposta 2024, questi lavoratori hanno la possibilità di optare per l’applicazione di una imposta sostitutiva dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e delle addizionali regionali e comunali, pari al 25% delle imposte applicate in Svizzera sugli stessi redditi.

 

Il comma 3 del medesimo articolo 6 prevede che tale opzione venga esercitata dal contribuente nella dichiarazione dei redditi e che il versamento dell’imposta sostitutiva venga effettuato entro il termine per il versamento a saldo delle imposte sui redditi.

 

Inoltre, il comma 4 chiarisce che per quanto riguarda l’accertamento, la riscossione, le sanzioni e il contenzioso, si applicano le disposizioni ordinarie in materia di imposte dirette.

 

Ciò premesso, per permettere il versamento dell’imposta sostitutiva mediante modello F24, l’Agenzia delle entrate ha istituito il codice tributo “1863” denominato “Imposta sostitutiva dell’IRPEF e delle addizionali regionali e comunali sui redditi percepiti in Svizzera dai lavoratori dipendenti frontalieri – art. 6 del decreto-legge 9 agosto 2024, n. 113”.

 

In sede di compilazione del modello F24, tale codice tributo è esposto nella sezione “Erario”, in corrispondenza delle somme indicate nella colonna “importi a debito versati” e quale “Anno di riferimento” l’anno d’imposta per cui si effettua il versamento, nel formato “AAAA”.

 

Approvato modello comunicazione dati per concordato preventivo biennale

Approvato il modello per la comunicazione dei dati necessari all’elaborazione della proposta di concordato preventivo biennale per i periodi d’imposta 2025 e 2026 (Agenzia delle entrate, provvedimento 9 aprile , n, 172928). 

Il D.Lgs. n. 13/2024, sulla base della delega al Governo per la riforma fiscale (articolo 17 comma 2 della L. n. 111/2023), ha previsto che, al fine di razionalizzare gli obblighi dichiarativi e di favorire l’adempimento spontaneo, i contribuenti di minori dimensioni, titolari di reddito di impresa e di lavoro autonomo derivante dall’esercizio di arti e professioni residenti che svolgono attività nel territorio dello Stato, possono accedere a un concordato preventivo biennale e che la proposta di concordato è elaborata dall’Agenzia delle entrate, in coerenza con i dati dichiarati dal contribuente.

 

Pertanto, l’Agenzia ha approvato il modello con cui i contribuenti che applicano gli indici sintetici di affidabilità fiscale possono comunicare i dati rilevanti ai fini della elaborazione della proposta di concordato preventivo biennale per i periodi d’imposta 2025 e 2026 e la relativa accettazione.

 

Tale modello, reso disponibile gratuitamente in formato elettronico sul sito dell’Agenzia, deve essere presentato esclusivamente dai contribuenti che nel periodo d’imposta 2024 hanno esercitato, in via prevalente, una delle attività economiche del settore dell’agricoltura, delle manifatture, dei servizi, delle attività professionali e del commercio per le quali risultano approvati gli indici sintetici di affidabilità fiscale, tenuti all’applicazione degli stessi per il medesimo periodo d’imposta e che intendono aderire alla proposta di concordato preventivo biennale per i periodi d’imposta 2025 e 2026.

 

L’Agenzia evidenzia che la trasmissione del modello deve avvenire esclusivamente per via telematica attraverso il servizio Entratel o il servizio Fisconline o in alternativa, avvalendosi di soggetti incaricati, come previsto dall’articolo 3, commi 2-bis e 3, del D.P.R. n. 322/1998.

Nuova classificazione ATECO 2025: i chiarimenti del Fisco

Al fine di recepire la nuova classificazione ATECO 2025, attiva dal 1° aprile 2025, l’Agenzia delle entrate ha adeguato le funzioni di acquisizione dei dati anagrafici e dei modelli dichiarativi (Agenzia delle entrate, risoluzione 8 aprile 2025, n. 24/E).

I contribuenti possono verificare i codici ATECO, sia prevalenti che secondari, associati alla propria posizione fiscale accedendo alla loro area riservata sul sito dell’Agenzia delle entrate e consultando la sezione “Cassetto fiscale – Consultazioni – Anagrafica”. L’accesso è consentito tramite credenziali SPID, Carta nazionale dei servizi (CNS), Carta d’identità elettronica (CIE) o, per i titolari di partita IVA, tramite credenziali Entratel/Fisconline.

 

A partire dal 1° aprile 2025, dunque, tutti gli operatori interessati dall’aggiornamento dei codici attività sono tenuti a utilizzare i nuovi codici negli atti e nelle dichiarazioni da presentare all’Agenzia delle entrate.

 

In particolare, per le dichiarazioni IVA 2025 presentate dal 1° aprile 2025, i contribuenti possono indicare i codici ATECO 2007 (aggiornamento 2022), oppure i “nuovi” codici ATECO 2025, avendo cura di riportare il codice 1 nella casella “Situazioni particolari” presente nel frontespizio del modello.

 

L’adozione della nuova classificazione ATECO 2025 non comporta l’obbligo di presentare la dichiarazione di variazione dei dati. Tuttavia, il contribuente, in occasione della presentazione della prima dichiarazione di variazione dei dati,  oppure se previsto da specifiche disposizioni normative o regolamentari, deve comunicare i codici delle attività esercitate coerentemente con la nuova classificazione ATECO 2025. Un esempio è la comunicazione necessaria per la fruizione del credito d’imposta ZES unica, secondo il provvedimento dell’Agenzia delle entrate del 31 gennaio 2025.

 

Se il contribuente è iscritto nel Registro delle Imprese, la variazione dei dati dovrà essere effettuata tramite la Comunicazione Unica (ComUnica) fornita da Unioncamere; in caso contrario, dovrà utilizzare uno dei modelli disponibili sul sito dell’Agenzia delle entrate, come il modello AA5/6 o AA7/10 per soggetti diversi dalle persone fisiche, il modello AA9/12 per le persone fisiche e il modello ANR/3 per l’identificazione diretta ai fini IVA dei soggetti non residenti.